All’inizio del 2023 la Commissione Europea ha presentato una proposta di legge sulla due diligence in ambito sostenibilità (direttiva CSDD).
In generale, la due diligence si riferisce all’attività di investigazione e di approfondimento di dati e di informazioni relative ad un progetto o ad una attività con l’obiettivo di approfondirne rischi ed impatti.
In ambito ESG (Environmental, Social, and Governance), la due diligence si concentra sulla valutazione dei rischi e delle opportunità legati a fattori ambientali, sociali e di governance di un’azienda o di un progetto. Questo tipo di due diligence è diventato sempre più importante poiché investitori, clienti e altre parti interessate prestano crescente attenzione alle pratiche sostenibili e responsabili.
La nuova direttiva europea, la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD), indica i requisiti obbligatori di due diligence che le aziende devono attuare per identificare, prevenire e mitigare gli impatti negativi dell’attività delle aziende sui diritti umani e sull’ambiente.
A luglio 2024 l’UE fa un ulteriore passo avanti con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della nuova direttiva CSDDD sulla sostenibilità delle filiere.
Vediamo i punti salienti, dalla presentazione della proposta di legge allo step finale con la pubblicazione in Gazzetta europea della direttiva CSDDD.
Obiettivi e punti principali della direttiva CSDD
Lo scorso primo giugno il Parlamento Europeo ha espresso la propria posizione sulla proposta di Direttiva: le aziende europee e le istituzioni finanziarie, con più di 250 dipendenti, dovranno effettuare un controllo sui temi dei diritti umani e dell’ambiente lungo tutta la catena del valore. Inoltre, secondo la posizione del Parlamento UE, le imprese dovranno identificare e, se necessario, prevenire, porre fine o ridurre l’impatto negativo delle loro attività su diritti umani e ambiente. Dunque, andranno monitorati aspetti come lavoro minorile, schiavitù, sfruttamento del lavoro, inquinamento, degrado ambientale e perdita di biodiversità.
Il principale obiettivo della CSDD è quello di migliorare le pratiche di governance aziendale, mitigando i rischi e gli impatti sui diritti umani e sull’ambiente. La direttiva intende, dunque, aumentare la responsabilità delle imprese per gli impatti negativi, evitando la frammentazione degli obblighi e creando certezza giuridica per le imprese e le parti interessate rispetto ai comportamenti e le responsabilità attese nella catena del valore.
Tra i principali punti della direttiva:
✓ Il ricorso alla due diligence lungo tutta la catena del valore, sia all’interno che all’esterno dell’UE;
✓ L’obbligo, per tutte le aziende che rientrano nel campo di applicazione, a adottare e sviluppare piani di transizione climatica compatibili con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e coerenti con le regole della direttiva sui bilanci di sostenibilità delle imprese (CSRD).
Altro aspetto interessante della direttiva, come detto in precedenza, è l’applicazione delle proposte non solo alle attività dell’azienda, ma anche a tutta la value chain: comprese, dunque, le sue filiali, le catene di fornitura, e i rapporti commerciali diretti e indiretti.
A chi si applica la direttiva Csdd: azioni e sanzioni
Le norme della direttiva CSDD si applicano a:
✓ Imprese dell’UE sopra i 250 dipendenti e con fatturato sopra i 40 milioni di euro;
✓ Società “madri” sopra i 500 dipendenti e un fatturato sopra i 150 milioni di euro;
✓ Società extra UE con un fatturato sopra i 150 milioni di euro e con almeno 40 milioni di euro di attività nell’UE.
Queste aziende, inoltre, sono chiamate a redigere un piano di transizione verde per mantenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5°C.
È prevista una responsabilità penale per le aziende che non si adegueranno alla direttiva con sanzioni fino al 5% del fatturato annuale. Le sanzioni possono includere anche misure come la pubblicazione dei nomi degli inadempienti e il ritiro dal mercato dei prodotti aziendali.
A sovrintendere il processo di due diligence sono chiamati i consiglieri di amministrazione, che avranno una responsabilità formale. Per quanto riguarda le aziende con più di mille dipendenti, queste dovranno legare la remunerazione variabile del board ai risultati dei piani di transizione.
Una volta trovato l’accordo sul testo definitivo da parte delle istituzioni europee, spetterà agli Stati membri introdurre le nuove norme negli ordinamenti nazionali. Questi, inoltre, dovranno definire l’autorità di vigilanza a cui spetterà il compito di vigilare il rispetto della normativa e applicare le sanzioni.
Luglio 2024: pubblicazione in gazzetta UE della nuova direttiva CSDDD
Il 5 luglio scorso è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale europea la direttiva CSDDD sulla sostenibilità delle filiere (Corporate sustainability due diligence directive). La direttiva CSDDD rafforza le norme di rendicontazione di sostenibilità per gli aspetti ambientali, sociali e di governance. Gli Stati membri avranno due anni per introdurre nei propri ordinamenti le normative e le procedure amministrative conformi al testo giuridico UE.
La principale novità introdotta dalla direttiva CSDDD riguarda la Responsabilità sociale d’impresa (RSI): nel caso di mancata “due diligence”, infatti, la RSI si applicherà a qualsiasi livello di tutta la catena del valore in materia di diritti umani e ambiente.
Soglie e ambiti di applicazione della direttiva CSDDD:
Gli Stati membri devono adottare le disposizioni legislative rispettando le seguenti tempistiche:
✓ dal 26 luglio 2027 le imprese con più di 5mila dipendenti e un fatturato superiore a 1.500 milioni di euro;
✓ dal 26 luglio 2028 le imprese con più di 3mila dipendenti e un fatturato superiore a 900 milioni di euro;
✓ dal 26 luglio 2029 tutte le altre imprese con oltre mille dipendenti e un fatturato superiore a 450 milioni di euro.
Rientrano nel perimetro di applicazione:
a) le società e le imprese con più di mille dipendenti e un fatturato netto globale superiore a 450 milioni, nell’ultimo esercizio per il quale è stato o avrebbe dovuto essere redatto il bilancio d’esercizio;
b) la società capogruppo di un gruppo che ha raggiunto i limiti minimi indicati alla lettera a) nell’ultimo esercizio per il quale è stato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio d’esercizio consolidato, pur senza soddisfare individualmente tali limiti;
c) società che hanno concluso accordi di franchising o di licenza nell’Unione con società terze indipendenti, con un fatturato superiore a 80 milioni di euro, di cui almeno 22,5 derivanti da diritti di licenza di euro nell’ultimo esercizio finanziario.
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